"Trenta raggi si uniscono in un solo mozzo
e nel suo non-essere (vuoto) si ha l’utilità del carro,
s’impasta l’argilla per fare un vaso
e nel suo non-essere (vuoto) si ha l’utilità del vaso,
s’aprono porte e finestre per fare una casa
e nel suo non-essere (vuoto) si ha l’utilità della casa.
Perciò l’essere costituisce l’oggetto
e il non-essere costituisce l’utilità. "
(Tao te ching, Lao Tzu)
Il primo prototipo, nonostante fosse ancora molto grezzo, sembrava avere un forte impatto nella gente che lo osservava. La PangaeA è uno di quei oggetti che destabilizza. La decontestualizzazione provoca sempre un forte interesse nelle persone perchè porta fuori dagli schemi.
Ma al di là di un primo impatto iniziale, sicuramente positivo, dovevo capire come sviluppare al meglio quella idea.
Il prodotto era molto basilare e, per quanto affascinante, non mi appagava. Dovevo migliorarne la qualità e per quanto possibile abbellirlo e impreziosirlo. Non volevo realizzare un oggetto palesemente riciclato. Volevo accostare alla povertà del riciclo un qualcosa di prezioso, elegante, piacevole, sia alla vista che al tatto.
Ma la vera sfida era uscire dalla forma.
Per quanto potessi abbellire la borsa ricavata dal pallone da calcio, rimaneva comunque un grosso limite: La forma. Aveva senso intraprendere lo sviluppo di un prodotto se tutto si limitava ad una sola forma? Come poter vedere un futuro su una semplice sfera? Potevo accostare colori, materiali ed accessori...ma sarebbe stata sempre e solo una forma tonda.
Sembrava che anche questa mia nuova illuminazione avesse già esaurito tutto il suo appeal.
Ma proprio quando stavo per abbandonare tutto qualcosa scattò ancora. Il pallone da calcio, in particolar modo quello più comune cucito a mano, ha una particolarità. La sfera è composta da tasselli: esagonio e pentagoni. Questi tasselli come sono stati cuciti possono essere anche scuciti.
Armato di taglierino e tanta pazienza ho preso un pallone e l'ho scomposto nella sua essenza: tanti tasselli di un mosaico che potevo riassemblare a mio piacimento non solo tra di loro ma anche con quelli ricavati da altri palloni.
Superato il limite della forma il progetto, mentalmente, aveva preso il volo. Ora spettava solo a me svilupparlo. Con calma. Pazienza.
Passione.
L'alfabeto era pronto per un nuovo linguaggio.
Il mio.